La cooperativa sportiva Cava United Football Club è un laboratorio in continuo movimento; il ritorno in campo delle squadre partecipanti ai campionati federali, ci consente attraverso la prima uscita stagionale della nostra fanzine, di fare un piccolo resoconto di quello che è successo negli ultimi mesi. Caotici, entusiasmanti, impegnativi mesi in cui il nostro community club ha visto nascere nuove iniziative, frutto di precise anche se non semplici scelte.
“Lo sport va a cercare la paura per dominarla,
la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla”
Pierre de Coubertin
Tra una stagione e l’altra passa troppo tempo. Passa tanto di quel tempo che quando ti tocca ricominciare incontri le difficoltà del novizio: i palloni sono sgonfi, le borracce dove sono, ma la scaletta che fine ha fatto?, il terreno è troppo duro e …cacchio ma questi ragazzi vanno tesserati!
A qualcuno di voi sarà scappata una risata, ma vi assicuro che succede questo alle nostre latitudini: è il dolce prezzo da pagare al dilettantismo, ma con fierezza e spirito di sacrificio, tempo dieci giorni (vabbè facciamo venti suggerirebbe mister Longino), ci trasformiamo, l’organizzazione societaria e delle squadre diventa di serie…non sprechiamo paragoni, anche perché noi siamo noi, siamo il Cava United, la realtà cittadina dove tutti diventano utili proprio perché diventano parte integrante di questo community club e ne decretano il successo (si spera) o le difficoltà.
Il mese di giugno volge al termine e vi è la necessità da parte di questa cooperativa sportiva, in simbiosi con l’associazione Sogno Cavese, fare un piccolo resoconto delle attività svolte nell’ultimo periodo. Un periodo talmente intenso in cui si è talmente presi dalle varie iniziative, da trascurare in parte la comunicazione.
Murcia, città al sud-est della Spagna, è il capoluogo della provincia di Murcia, famosa per la sua variegata produzione di frutta. La città conta 439.000 abitanti ed è la settima città più popolata della Spagna.
In relazione al calcio, a Murcia c´è una squadra storica fondata nel 1920, “Real Murcia C.F.”, oggi militante nella Seconda Divisone-B-Quarto Gruppo (la terza serie a livello nazionale), e ha 8.800 soci.
Nonostante la presenza di questo club storico, nel 1999 nasce una nuova squadra, il “C.F. Ciudad de Murcia”, su iniziativa dell´imprenditore Quique Pina (oggi proprietario del “Granada C.F.”, squadra della Prima Divisione Spagnola e agente dei giocatori per l´Udinese in Spagna).
Il “C.F. Ciudad de Murcia” giocò dal 2003 al 2007 nella Seconda Divisione spagnola, e gli ultimi due anni sfiorò la promozione in Prima Divisione, la cosiddetta Liga. È in questo momento, quando Quique Pina chiede alle istituzioni comunali di Murcia, un aiuto per la costruzione di uno stadio e una cittadella dello sport che i rapporti si inclinano: le istituzioni, invece, rifiutano questa petizione, e per ripicca Quique Pina decide di vendere il club a un imprenditore di Granada, tale Carlos Masá, che trasferisce il club nella sua città, Granada. Dunque, il club assume un altro nome, “Granada 74” (episodio molto simile successo al Wimbledon).
La delusione è molto grande per i tifosi del “Ciudad de Murcia”. Alcuni di questi tifosi parlano e convincono l´imprenditore Evedasto Lafuente a comprare un club di un´altra città, vicina a Murcia, il “EMD Lorquí”, della Terza Divisione (prima regionale e la quarta a livello nazionale); Lafuente acconsente e cambia il nome in “Club Atlético Ciudad Lorquì”. I problemi non sono finiti e il club va in dissesto finanziario molto presto e nel 2010 il “C.A. Ciudad Lorquì” scompare (storie molto simili ai vostri club in Italia).
E’ l’ennesima delusione per i tifosi, i quali a questo punto decidono di non volere più imprenditori a decidere le sorti della loro passione e nuove squadre, e sull’onda di quello che avviene in molti paesi europei con i club di azionariato popolare, non molto presenti in Spagna in quel momento (anno 2010), decidono di seguire un percorso diverso e di crescita comunitaria. I tifosi “cittadini” non si arrendono, si raccolgono in assemblee e decidono di creare un club di azionariato popolare, un club dei tifosi, della gente, dei “cittadini”, il “CAP Ciudad de Murcia”, decidendo comunque di cominciare a giocare nell´ultima divisione regionale (quarta a livello regionale e settima a livello nazionale). Era il 2011.
Attualmente, “i cittadini” dopo aver agguantato diverse promozioni, sono arrivati nella Terza Divisione (prima regionale e quarta a livello nazionale), e sono cresciuti anche come numero di soci e azionisti (800 soci e 180 azionisti), con una voce e un voto ciascuno.
Il Ciudad non è solo una squadra di calcio, fanno molte iniziative sul territorio, con progetti sociali e, sopratutto, di solidarietà. Durante le festività natalizie, ad esempio, raccolgono giocattoli per i bambini bisognosi e collaborano con diversi ONG in diverse cause.
Per quanto riguardo l’ambito sportivo, non vi è solo il calcio, anzi il club è impegnato in diverse attivitè sportive, ma anche in altre attività di tipo organizzativo seguendo la filosofía del calcio popolare: l’estate scorsa, per esempio, hanno organizzato il “II Incontro di Calcio Popolare (Murcia 2015)”, dove hanno partecipato squadre popolare di tutta la Spagna e anche alcune dall’Italia, dall’Irlanda e dall’Inghilterra. Tutto con un semplice obiettivo: condividire idee.
Il “Ciudad”, come il Cava United, parteciperà al programma “Erasmus+ “Clubs and Supporters for better governance in football”.
I tifosi del Ciudad sono molto caldi, come la tifoseria del Cava United; cantano e tifano durante tutta la partita, e come a Cava, alla fine della partita, i tifosi ringraziano i giocatori per il loro impegno, che vincano o perdano: come dicono i “cittadini”, “quando nasci, sei l`ultimo a sapere, però, quando rinasci sei il primo a sapere”.
A Cava e a Murcia, IL CALCIO È DELLA GENTE!
di Eugenio Hernández Rosas, socio Cava United F.C.
Abbiamo deciso di lanciare la nostra prima campagna di crowfunding con l’intento di raccogliere dei fondi per l’acquisto di un defibrillatore (DAE) semi-automatico da donare a tutto il movimento associativo e sportivo in cui siamo coinvolti, e avviare una campagna di sensibilizzazione e formazione sul primo soccorso tra i soci.
Vai su eppela.com, registrati e dona il tuo contributo.
We have decided to start our first crowdfunding campaign with the aim of collect funds for the purchase of a semi-automatic defibrillator (AED) and give it to the entire associative and sporting movement we are involved, and start an awareness and educational campaign about first aid between partners.
Articolo di Leonardo Daga tratto da Supporters in Campo
Quando il destino dà una scelta, un Uomo può decidere la strada da prendere o aspettare che qualcuno scelga la strada per lui. La scelta richiede responsabilità, spesso anche un pizzico di follia, soprattutto quando la strada che porta all’avverarsi di un sogno, se esiste, è molto più complessa e pericolosa di quella che permette una blanda sopravvivenza.
Dopo aver raggiunto nel 2013 l'obiettivo di diffondere i propri fondamentali princìpi statutari, con iniziative volte a promuovere la cultura del gioco del calcio, quale veicolo di inclusione sociale e di partecipazione attiva sul territorio, l'attività del 2014 ha definitivamente consacrato l'idea di Sogno Cavese di costruire il Calcio del Futuro, completamente rinnovato nella sua essenza di sport, portatore di valori autentici e trasparenti, ovvero il "Calcio è della Gente".
A pochissimi giorni da Ferragosto, nello splendido scenario offerto dal giardino del presidente dell’associazione Paolo Polacco, si è svolto un primo incontro con i calciatori del futuro sodalizio metelliano.
A breve la nuova società si presenterà alla città. Inutile dirvi che il nostro è un gruppo di persone che vuole riappropriarsi di un calcio più genuino e le iniziative svolte negli ultimi due anni dovrebbero essere abbastanza chiare sugli intenti.
Un programma di tante attività (la squadra di calcio è una di queste), che subirà senz’altro delle variazioni, degli scossoni, dei rallentamenti, ma che porteremo avanti a piccoli passi cercando di non commettere troppi errori. Di sicuro sarà affascinante farlo insieme.
Prima di approfondire quello che sarà il programma del nostro community club e la metodologia con cui si porterà avanti lo stesso, abbiamo fatto capire ai ragazzi in che posto si trovano.
E pensiamo sia piaciuto.
L’idea era quella di scrivere qualcosa sull’anno appena trascorso, di mettere a fuoco i bei momenti passati insieme e di raccontare di sogni già realizzati.
Poi abbiamo visto il video realizzato da Enzo Siani e le parole non le abbiamo più trovate.
Noi ci siamo commossi ed emozionati e vorremmo condividere queste emozioni con tutti voi, con tutti quelli che hanno reso possibile la realizzazione di questi sogni.
Di sogni ne abbiamo ancora tanti ed ora che abbiamo imparato a sognare…………
L'ultimo articolo del 2013 che pubblichiamo su www.ilcalcioedellagente.it non è nostro, lo abbiamo trovato in rete ed è un ritratto gustoso, romantico e per molti tratti malinconico di Marcello Veneziani che potete trovare nella versione originale al seguente link: http://www.ilgiornale.it/news/interni/979074.html
Il Focoso, lo Zoppo, il Nonno. Le domeniche di provincia si popolavano di personaggi mitologici. Che tra strani riti e lingue inventate ora raccontano un'Italia che non c'è più
Vi invitiamo a leggerlo tutto, non ve ne pentirete e con l'occasione vi auguriamo un ottimo 2014, noi saremo ancora qui a raccontarvi la nostra piccola storia. Auguri a chi sogna da sempre un calcio autentico e puro, un calcio semplice che senza rinunciare al sano agonismo insegue la vittoria con lealtà e nel pieno rispetto degli avversari.
Perché non scrivi nulla di calcio-scommesse e non ti occupi mai di calcio, mi scrive un lettore affezionato. Il mio orizzonte calcistico è assai limitato nel tempo e nel luogo: per me il calcio-scommesse è la birra in palio che scommettevamo da ragazzi prima di giocare (io preferivo l'aranciata, ma non potevo dirlo perché mi avrebbero considerato ricchione). Sono fermo a uno stadio primitivo e tribale del calcio; ma, se proprio volete, ve ne parlo. Nell'antichità vivevo a Bisceglie e seguivo la squadra locale. Le domeniche allo stadio erano un trattato live di antropologia, con vaste appendici di zoologia. Per cominciare, i tifosi si dividevano in due etnie, gli eleganti e gli sportivi. I primi si presentavano col cravattone al collo e un nodo rozzo appena allentato in gola, gli occhi e la pancia pieni di ragù, garze paonazze, come da noi si chiamavano le sottoguance, e portavano un giornale da infilare sotto le chiappe per non arrighirnarsi (sporcarsi) l'abito buono della domenica. I più cavallereschi destinavano un foglio al compare di gradinata. La stampa, allora, godeva di grande prestigio. Lo sportivo, invece, si vestiva come se dovesse scendere lui in campo, con tuta o maglietta, scarpette, a volte la visiera e, nei mesi caldi, pantaloncini, canottiera e zoccoli. La differenza tra le due razze non era solo di stile, ma di visione della vita: i primi erano figli del giorno, e siccome era domenica venivano vestiti da domenica; i secondi erano figli del luogo, e siccome era campo sportivo venivano vestiti sportivi. L'azionista di riferimento nel primo caso era la Famiglia, nel secondo la Curva. All'entrata, si poneva il problema delicato dell'adozione. Un nugolo di mininni (ragazzini) chiedeva a u' Giovn (il Giovane, epiteto che valeva dai 20 ai 60, oltre scattava la definizione U'Nonn) di affiliarsi per entrare gratis. Quando all'entrata chiedevano: E cus, a ci appertén? (E questo a chi appartiene?), l'adulto con l'imposizione della mano sulla spalla, come una cresima, lo sanciva suo figlioccio. L'adozione non sempre riusciva, a volte perché si scopriva un cambiamento continuo di padri putativi, a volte perché il figlio adottivo era più alto del padre. Tra gli spettatori non mancavano «i zoppi» ovvero chi cercava di entrare a sbafo o chi vedeva la partita dal balcone del compare, strapieno a rischio crollo. Ma se la partita era gratis, la seguiva anche la nonna. Il saluto augurale per i nuovi arrivati sugli spalti alludeva al loro mestiere: a' mort le varvér (a morte i barbieri), a' mort le scarpòr (a morte gli scarpari) e il nuovo arrivato ricambiava con pari gentilezza, magari alludendo alla tribù d'appartenenza: a' mort le juvendén (a morte gli juventini), con diagnosi infauste: iosce avite ambré (oggi dovete morire). I pop corn dell'epoca erano le semenze e le fave arrostite, le castagne del monaco e i lupini.
Un giorno ci dissero che la tv ci avrebbe allontanato dagli stadi. Ed iniziò la protesta, timida, senza un filo conduttore. D’altronde come potevi capire dove avrebbero portato quelle prime dirette, quei primi canali privati che “compravano i diritti tv” e pian piano spostavano gli interessi commerciali delle squadre di calcio. Oggi non ci sentiamo di dire che ci hanno allontanato loro dallo stadio, non lo crediamo. Anche perché le nostre squadre in tv non ci sono mai andate.
Se il problema pay tv ha potuto interessare le tifoserie dei grandi club, uno dei successivi capi di accusa è stato mosso, con molte ragioni diciamo noi, nei confronti della ormai triste e famosa tessera del tifoso. Chi vi parla, pur non appartenendo a gruppi ultras, ha iniziato ad alzare barricate nei confronti della tessera del tifoso sin dagli albori. A Cava possiamo dire che questa non ha avuto un grosso successo perché l’opera di informazione e di sensibilizzazione è avvenuta in simbiosi tra gruppi ultras e tifosi “oltre” in maniera capillare, anche con organizzazione di convegni a tema. Ma a distanza di quattro anni da quei giorni, pur addebitando ad essa l’innalzamento di una barriera insormontabile tra le istituzioni e le tifoserie, non ci sentiamo di dare una grossa percentuale di colpe all’emorragia da stadio, come si suol dire, alla card. Vero è che per assistere ad una partita è diventato peggio che andare in Australia, ma nel frattempo sono accadute nel calcio tante di quelle cose che non hanno ricevuto le stesse “attenzioni” delle cose precedentemente dette.
Il fenomeno del calcio scommesse, del riciclaggio di danaro sporco, dell’utilizzo delle squadre di calcio come segno distintivo del potere, delle partite vendute, e di altre cosettine a queste di sopra collegate, non hanno destato la significativa preoccupazione di chi fa dello stadio la propria ragione di vita. Ovvio che non in tutte le piazze è così, ma momenti di grande confronto non ne abbiamo visti.
E qui che ci fermiamo noi. E qui che mettiamo un punto e ci consentirete di fare una nostra considerazione. A qualcuno potrà interessare, a qualcun altro meno, ma qui ci si può confrontare perché l’argomento “tira” dalle nostre parti.
Quando auspichiamo un ritorno ad un calcio più semplice, non auspichiamo un ritorno al passato, ma facciamo nostro l’insegnamento forse più importante che ci arriva da Manchester (sponda FCUM): non stiamo difendendo il “calcio di una volta”, ma stiamo cercando di costruirne uno nuovo, in cui le squadre sono un bene comune con un forte legame con la rispettiva comunità.
E, per evitare contraddizioni e strumentalizzazioni di sorta, diciamo pure che a noi le partite piacciono e ce le guardiamo pure quando ci capita, ma abbiamo buttato giù il “quadro”; quello che oggi ci viene proposto è una cosa, quello che vorremmo è completamente un’altra cosa.
Quello che oggi ci viene propinato è un prodotto, uno spettacolo, uno strumento. A ciascuno il suo, a seconda della categoria e del contesto socio-culturale-economico.
La passione, quella vera che non ti fa mangiare o non ti fa dormire prima di una gara decisiva, non c’entra niente in tutto questo. Per quanto ci riguarda.
In questo scenario come si può pretendere che la gente ritorni in massa allo stadio? Come si può pretendere che le famiglie popolino di nuovo le tribune dei campi sportivi?
Speriamo che restino lontano il più possibile, altrimenti è finita per sempre, almeno fin quando non ci sarà un nuovo calcio. Per tutti e di tutti.
Dopo aver letto la lettera di Luigi Cabrini un genitore di Casalmorano, che vi invitiamo a leggere sulla nostra pagina facebook Il Calcio è della Gente, non potevamo non riaffrontare l’argomento. Che ci sta molto a cuore, poiché riguarda il futuro dei nostri figli.
Questo genitore nella sua lettera confessa che se potesse tornare indietro direbbe al suo papà: “lasciami giocare in pace la mia partita”; un esempio raro in un contesto, quello giovanile, diventato nel tempo molto peggio del mondo pallonaro dei grandi.
La nazionale di calcio italiana si è qualificata per le fasi finali dei mondiali brasiliani del 2014. Un risultato buono senza ombra di dubbio, considerando che probabilmente qualche illustre nazione calcistica non parteciperà, visti gli spareggi in programma.
C’è qualcosa che non è andato per il verso giusto, però, sul finire del cammino azzurro. E’ lo stesso CT Prandelli a lamentare scarso impegno, maglia che pesa per qualcuno e gioco imbarazzante.
Al San Paolo c’è stato uno dei “nostri”, il quale conferma le parole del mister, anzi da buon osservatore anche del contesto il giudizio è lapidario: l’altra sera con la metà degli spettatori presenti che erano bambini delle scuole calcio, il gioco offerto è stato preoccupante, una cattiva pubblicità per il calcio.
Insomma partita squallida, calcio fallito….urge ritorno alla base.
Qualcosa, va sottolineato, si salva dalla spedizione italiana a Napoli ed è l’allenamento di Quarto. Come sapete noi seguiamo da vicino le vicende della squadra di Luigi Cuomo, la Nuova Quarto Calcio e ammiriamo profondamente il coraggio di chi lotta lontano dal “posto al sole”.